La macchina per cucire di produzione italiana

 

Risalgono alla fine del 1800 i primi modelli italiani che vennero prodotti dalla Sobrero di Torino e dalla Prinetti & Co. (successivamente divenuta Prinetti Stucchi Co. ). Bisogna attendere il primo dopoguerra perché sorgano in Italia fabbriche di macchine per cucire. La Borletti di Romualdo Borletti che ha fondato a Milano nel 1896 la Fratelli Borletti S.p.A. per produrre strumentazione di bordo per veicoli, al termine della Grande Guerra, per impiegare la numerosa manodopera femminile, incomincia a produrre macchine per cucire. Il suo motto sarà "Borletti punti perfetti". Nasce  nel 1919 la Necchi che si imporrà sul mercato, non solo italiano, per la moderna tecnologia e per la collaborazione con grandi designer e che attualmente detiene il primato su scala nazionale nella produzione di macchine da cucire di ogni tipo . Nel 1934 la Vigorelli . Altre aziende che in seguito presero parte al mercato furono la Salmoiraghi di Milano, la Visnova di Belluno .
Nel secondo dopoguerra si apre una fase di grande interesse e si producono modelli innovativi e importanti che ancora non sono molto richiesti dai collezionisti ma che conviene "tenere d'occhio" e recu­perare quando possibile poiché non resta che attendere qualche tempo perché entrino nel mondo dei ricercatori e raccoglitori di cose antiche. Per esempio la Visetta dei 1949 disegnata da Giò Ponti, oppure il modello 1100/2 Borletti, di Marco Zanusso, dei 1956, o le bellissime Necchi Supernova, 1953, Lidia, 1955, e Mirella, 1957 di Marcello Nizzoli. E poi attenzione a una delle ultime prodotte, la Logica, dei 1981, disegnata da Giorgio Giuggiaro, un must per una collezione da terzo millennio.

 

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E la cucitrice dai «punti perfetti» va in soffitta

Tra le macchine che ci hanno accompagnato negli ultimi centocinquanta anni esiste una protagonista, che silenziosamente assieme alla sua compagna di viaggio, la "macchina da scrivere", si è messa ora da parte di fronte alle nuove tecnologie informatiche, ma soprattutto perché le nuove logiche della produzione e del commercio hanno spostato altrove il fare e il produrre.

L'inglese Thomas Saint già nel 1790 aveva brevettato una macchina per cucire che però non aveva trovato alcuna diffusione.

Nel 1829 il sarto francese Barthélemy Thimonnier aveva costruito un dispositivo meccanico in grado di eseguire il punto a catenella.

Ma è oltre oceano che si sviluppano le moderne macchine a spola oscillante.

La prima viene inventata intorno al 1834 da Walter Hunt che non la brevetta e così con una macchina simile Elias Howe nel 1846 può ottenere il Patent per la sua invenzione diventando così ufficialmente l'inventore della macchina per cucire.

Ma come si sa la strada delle invenzioni e dei relativi brevetti è tortuosa e costellata di contestazioni.

Isaac Merrit Singer, nato nel 1811 a Schaghiticoke nello stato di New York, sviluppa negli anni seguenti una macchina simile a quella di Howe.

Ne nasce una lite giudiziaria per violazione dei diritti e Singer ne esce sconfitto.

Non si da per vinto e continua a migliorare i suoi dispositivi finché nel 1851 ottiene un brevetto per la macchina che lo renderà famoso nel mondo.

Associatosi con l'avvocato newyorkese Edward C.

Clark fonda la I.M.

Singer & Company.

Il successo di queste macchine si diffonde anche in Italia tant'è che persino "La civiltà cattolica" nel 1853 riporta tra i suoi articoli una nota in cui si afferma che «in Inghilterra comincia a diffondersi l'uso di una macchina da cucire, d'invenzione americana, per mezzo della quale si possono cucire con celerità meravigliosa tutte le parti di un abito, sì di panno come di tela, tranne i bottoni e le asole».

E dopo una breve e sintetica descrizione del funzionamento aggiunge che «guidando colla mano il tessuto, affinché gli aghi seguano le linee del disegno, si otterrà una cucitura qualunque sia a punti lunghi o stretti in linea retta, curva o frastagliata.

La macchina mossa a mano fa cinquecento punti in un minuto, ed aggiuntovi il moto del piede ne fa mille.

Si calcola generalmente che il lavoro di una persona con questo apparecchio è equivalente a quello di venti sartori».

L'Italia in quegli anni non è ancora pronta per affrontarne una produzione di massa e queste macchine, importate da Inghilterra e Germania, si diffondono ampiamente.

Esse contribuiscono prima negli opifici militari e poi nelle prime manifatture a far decollare l'industria del prêt-à-porter .

La macchina per cucire, o come più confidenzialmente tutti la chiamano "da cucire", arriva anche nelle case e nelle botteghe di sarti e sartine e diventa così il primo vero oggetto tecnologico domestico, ancora completamente meccanico perché è l'azione di un pedale a far muovere l'ago e la spola.

Umberto Boccioni la celebra in alcuni suoi quadri, tra cui spicca Il romanzo di una cucitrice (1908) e Romualdo Borletti che ha fondato a Milano nel 1896 la Fratelli Borletti S.p.A.

per produrre strumentazione di bordo per veicoli, al termine della Grande Guerra, per impiegare la numerosa manodopera femminile, incomincia a produrre macchine per cucire.

Il suo motto sarà "Borletti punti perfetti".

La storia delle macchine da cucire Necchi inizia invece nel 1927 e ben presto sarà punteggiata da importanti innovazioni: queste macchine diventeranno famose per la varietà di punti in grado di realizzare.

«Solo come un ombrello e una macchina da cucire», canta Franco Battiato richiamandosi ai Canti di Maldoror di Lautréamont.

Siano Singer o Pfaff, queste macchine un tempo bene in vista in case borghesi e popolari, ormai si sono ritirate nelle soffitte.

 

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