Necchi

Capitani coraggiosi del lavoro italiano

Ambrogio Necchi
Ambrogio Necchi

Erede di una famiglia di fonditori, Ambrogio Necchi intraprese e continuò il mestiere ereditato dal padre e dal nonno. Alla fine del 1880 prese in mano la fabbrica di famiglia nel centro di Pavia che dava lavoro a 170 operai. L'azienda costruiva pezzi di ricambio in ghisa per macchine meccaniche e nessuno pensava mai che sarebbe diventata la fabbrica di macchine da cucire più importante d'Italia e del mondo.

Fonderia A. Necchi nel 1893
Fonderia A. Necchi nel 1893

Nel 1919 Vittorio Necchi , figlio di Ambrogio, tornato dal fronte della prima guerra mondiale, unico maschio di famiglia e per di più avendo perso il padre qualche anno prima, si ritrovò sulle spalle la gestione della fonderia di famiglia. Inizialmente non aveva inclinazione per la meccanica, era interessato soltanto agli studi classici, alla fotografia e allevamento di animali. Dalla insistente richiesta di sua moglie per l'acquisto di una macchina da cucire, ( a quei tempi era l'oggetto che non poteva mancare in famiglia ) le venne l'idea che poteva essere l'intuizione giusta visto che allora in Italia non c'era nessuna fabbrica di macchine da cucire, continuando così l'operosa storia di lavoro della sua famiglia ma con qualcosa di nuovo utilizzando in parte la ghisa che le fonderie di famiglia producevano.

La difficile nascita della prima macchina da cucire Italiana

La fabbrica Necchi di Piazza D'armi
La fabbrica Necchi di Piazza D'armi

Un'idea pazzesca, che significava mettersi contro la concorrenza straniera come la Singer, macchine tedesche, americane e russe. Aprì un piccolo stabilimento alla Torrettina, sulla via Vigentina con una quarantina di operai, dove prendendo spunto dalle macchine della concorrenza creò la prima macchina mod. BD, fu un fallimento. Ma un poco alla volta, con una azione capillare di propaganda, riuscì a vincere la diffidenza per il prodotto nazionale, unendo la qualità al prezzo favorevole. Tanto che nel 1924 la produzione si spostò sul nuovo sito di piazza D'armi dove incrementò sensibilmente la produzione.

Linea di montaggio della NECCHI
Linea di montaggio della NECCHI

Ma il boom venne nel 1932, quando con i suoi fedelissimi collaboratori misero a punto la prima macchina da cucire per famiglia con cucitura " zig-zag ", la "BU", che permetteva di eseguire senza accessori migliaia di motivi ornamentali e di punti diversi, di rammendare di attaccare bottoni e di fare asole. La NECCHI divenne la macchina da cucire più imitata e ricercata in tutto il mondo. Dopo le vicende belliche della seconda Guerra Mondiale, Vittorio Necchi dirige la più grande fabbrica di macchine da cucire d'Italia e una delle più importanti del mondo; produce più di 1.000 macchine al giorno, ha 4.500 dipendenti, 10.000 negozi di vendita e conosciuto in tutto il mondo.

Dopo il successo del mod. BU, NECCHI creò la SUPERNOVA e SUPERNOVA Automatic, poi uscì MIRELLA, un capolavoro di funzionalità e di estetica, vincitrice del " Compasso D'oro " e gran premio della XI Triennale di Milano.

Vittorio Necchi
Vittorio Necchi

Chi ha avuto la fortuna di conoscere o intervistare Vittorio Necchi, persona restia e umile, tanto che si portava il pranzo da casa nel cestino, come alle scuole elementari, per poter essere sempre presente in azienda, avrà sicuramente notato che la sua più grande passione, di qui ne andava fiero, era l'allevamento di fagiani e la coltivazione delle orchidee nella sua tenuta di Portalupa, oltre che vanto di abile cacciatore.

Possiede una preziosa collezione di quadri che lascerà al Comune di Pavia.

 

source:

www.fabiomoie.it

 

LE ORIGINI

L'attivitá industriale della Necchi ebbe inizio con Ambrogio Necchi che intraprese e continuó il mestiere di fonditore ereditato dal padre e dal nonno. Alla fine del 1880 prese in mano la fabbrica di famiglia nel centro di Pavia che dava lavoro a 170 operai e che costruiva pezzi di ricambio in ghisa per macchinari.

Nel 1919 Vittorio Necchi, figlio di Ambrogio, tornato dal fronte della prima guerra mondiale, e rimasto orfano di padre, si ritrovó sulle spalle la gestione dell'attivitá di famiglia. Inizialmente non aveva inclinazione per la meccanica ma era interessato soltanto agli studi classici, alla fotografia e all'allevamento di animali. Dalla insistente richiesta di sua moglie per l'acquisto di una macchina per cucire gli venne l'idea di fabbricare una macchina per uso domestico utilizzando in parte la ghisa che producevano le fonderie di famiglia.

LA NASCITA DELLA PRIMA MACCHINA PER CUCIRE ITALIANA

Un'idea pazzesca, che significava mettersi in competizione con macchine di rinomati marchi tedeschi, americani e russi. Vittorio Necchi aprí cosí un piccolo stabilimento alla Torrettina, sulla via Vigentina con una quarantina di operai, dove prendendo spunto dalle macchine della concorrenza creò il modello "BD". I primi esemplari erano azionati a mano: attraverso una manovella applicata al volano, con la mano destra si produceva il movimento dell'ago, della spoletta e l'avanzamento per trascinamento del tessuto, mentre con la mano sinistra si controllava la sua posizione e l'indirizzamento.

Dopo qualche anno, superata l'iniziale diffidenza dei consumatori per il prodotto nazionale e offrendo un elevato rapporto qualitá/prezzo si riscontrarono i primi risultati incoraggianti, tanto che nel 1924 la fabbrica si spostó nel nuovo sito di Piazza D'armi dove incrementó sensibilmente la produzione.

Ma il boom venne nel 1932, quando fu messa a punto la prima macchina per cucire per uso domestico con cucitura "zig-zag", la "BU", che permetteva di eseguire senza accessori migliaia di motivi ornamentali e di punti diversi, di rammendare, di attaccare bottoni e di fare asole.

La NECCHI divenne la macchina per cucire più imitata e ricercata in tutto il mondo. Dopo la seconda Guerra Mondiale, Necchi diventò la più grande fabbrica di macchine per cucire d'Italia: in grado di produrre più di 1.000 macchine al giorno, con 4.500 dipendenti, 10.000 negozi di vendita ed un marchio conosciuto in tutto il Mondo.

Negli anni '50 NECCHI creò la "SUPERNOVA" che viene premiata con il "Compasso d'Oro". In questi anni le macchine per cucire si arricchirono di molteplici funzioni: questo modello infatti è un perfetto laboratorio automatico grazie alle memorie meccaniche che guidano l'esecuzione dei ricami.

Nel 1956 la capostipite della serie "MIRELLA" un capolavoro di funzionalitá e di estetica, vinse il "Compasso d'Oro" e il "Gran Premio" della XI Triennale di Milano e ottenne il massimo riconoscimento nel campo del design industriale entrando a far parte della mostra permanente del MOMA, Museum of Modern Art di New York. In questo modello si poteva apprezzare l'ampia base di lavoro integrata nel corpo macchina.

Negli anni successivi le macchine per cucire cominciarono a funzionare tramite pedale: dapprima la movimentazione si otteneva con l'oscillazione di un pedale, posto sotto il tavolino in cui era inserita la macchina e che, collegato ad una cinghia, produceva il movimento; entrambe le mani rimanevano libere e quindi disponibili per l'indirizzamento del tessuto. Negli anni '70 vennero progettate e costruite le prime macchina per cucire con pedale elettrico.

Negli anni '80 si aggiunsero altri modelli dal design avveniristico come la "LOGICA" con pannello comandi elettronico, progettata nel 1983 da Giorgetto Giugiaro.

NECCHI, LA TRADIZIONE HA UN FUTURO

Necchi vuole continuare ad essere protagonista nel mondo del cucito e questo obiettivo viene portato avanti ancora oggi grazie al lavoro di persone esperte ed appassionate che con orgoglio uniscono la creativitá e la tecnologia alla tradizione del marchio Necchi. Ne sono testimonianza i negozi specializzati nel settore del cucito, RIVENDITORI SPECIALIZZATI NECCHI che quotidianamente assistono migliaia di semplici utilizzatori come di utenti esperti nella scelta e nell'uso delle macchine per cucire.

Infine negli ultimi dieci anni Necchi ha ampliato il suo raggio d'azione iniziando la commercializzazione di una vasta gamma di piccoli elettrodomestici a marchio Necchi: aspirapolvere e scope elettriche, sistemi stiranti ed apparecchi elettromedicali oltre alle macchine per cucire a marchio Vigorelli e Millepunti by Necchi.

 

source:

www.necchi.it

LA NECCHI IN DIFFICOLTA' ' BUCO' NELLA CONTROLLATA

Sottosegretario all' Industria in quota a Forza Italia e imprenditore, Giampiero Beccaria, azionista di riferimento della Necchi di cui fino a pochi mesi fa era l' amministratore delegato, in questi giorni prova a consolarsi con la politica. E a spingere la candidatura di Vito Gnutti, il "suo" ministro, quello dell' Industria, alla carica di sindaco di Brescia in opposizione a Mino Martinazzoli. Meglio la politica, meglio accantonare i dubbi amletici sull' incompatibilità fra azienda e incarichi di governo, perché alla Necchi, oggi, la situazione è tutt' altro che brillante. A confermare il precario stato di salute della Necchi stessa è la semestrale della società pavese che si è chiusa con 5,7 miliardi di perdite a livello consolidato (7,5 miliardi per la capogruppo Necchi spa quotata in Borsa). Un andamento traballante certificato da un credito incagliato di 14 miliardi lamentato dalla controllata Necchi Compressori. Soldi su cui la società, controllata ufficialmente al 24 per cento dalla famiglia Beccaria, (ma grazie ad un patto di sindacato con soci minori si supera il 40 per cento) farebbe meglio a non contare più. Brutta storia quella dei 14 miliardi. La Necchi compressori, infatti, oltre ad essere il cuore del gruppo fatturando nel primo semestre di quest' anno circa 91 miliardi su 166,1 a livello consolidato, non si è dimostrata molto oculata nella scelta dei clienti. E difatti ha fornito per anni a credito i suoi compressori per frigoriferi alla Itc (ex Iberna) di Buccinasco, nell' hinterland milanese, di proprietà dell' imprenditore Fernando Valesi. Peccato che pochi giorni fa, il primo ottobre, la seconda sezione civile del Tribunale di Milano abbia depositato la sentenza di fallimento dell' Itc stessa, travolta da perdite per 85 miliardi. Un evento che rende molto improbabile il recupero dei denari anticipati sotto forma di forniture. A questo punto Beccaria sta cercando di correre ai ripari. Da un anno all' altro, infatti, i debiti finanziari del gruppo sono passati da 153 a 168 miliardi di lire. Senza contare il "buco" della Necchi compressori e la perdita di 7,5 miliardi della capogruppo evidenziata dalla semestrale. Ce n' è abbastanza per comprendere il significato del prestito obbligazionario di 18 miliardi con warrant lanciato dalla Necchi spa lo scorso 18 settembre e che dovrebbe concludersi il 18 ottobre. L' operazione, curata da un consorzio guidato dalla Banca Popolare di Lodi, ha infatti lo scopo di rastrellare denaro fresco per le casse aziendali. Ad ogni modo non basta. Per risollevare le sorti del gruppo che da anni colleziona risultati che oscillano fra il negativo e il mediocre (6,7 miliardi di perdite nel 1990; 5,1 miliardi di passivo nel ' 91; 13,4 miliardi in rosso nel ' 92 e 120 milioni di attivo nel ' 93) occorre infatti agire sulla controllata Necchi Compressori. E allora? Nei prossimi giorni si dovrebbe riunire il consiglio di amministrazione di quest' ultima per varare un sostanzioso aumento di capitale. Comunque attenzione: fra i soci di minoranza della società controllata, ognuno col 15 per cento in portafoglio, ci sono i big degli elettrodomestici made in Italy: Peppino Fumagalli della Candy, Vitttorio Merloni della Merloni Elettrodomestici e Gianfranco Nocivelli della Ocean. Bisognerà vedere, dunque, se i tre industriali riterranno opportuna o meno la loro permanenza nella compagine azionaria sottoscrivendo pro quota la ricapitalizzazione. E soprattutto se saranno d' accordo, come si sostiene insistentemente a Pavia, nell' affidare la presidenza della Compressori stessa al finanziere di origine iraniana Mohammad Koochekzadeh. Quest' ultimo, studi negli Stati Uniti ed un ingente patrimonio personale, è già azionista della Necchi spa detenendo un pacchetto di circa il 4 per cento. Quanto al futuro, fonti della Necchi mettono in risalto che nel secondo semestre le vendite dei compressori sono salite del 30 per cento. E poi aggiungono che anche i prezzi stanno salendo. Due elementi che sommati ad una crescita ulteriore del 20 per cento prevista per il 1995 farebbero prevedere ai vertici aziendali un ritorno della controllata all' attivo già nel 1995. Intanto il sindacato locale segnala una recente visita agli impianti della Necchi Compressori da parte di un folto gruppo di tecnici della Zanussi. Entrambe le società smentiscono l' esistenza di contatti e trattative per la cessione dell' impianto. Resta il fatto che i compressori Necchi sono gli unici in Europa, a parte quelli fabbricati in casa da Electrolux-Zanussi, ad essere compatibili con i frigoriferi Americold, marchio statunitense del colosso svedese-italiano.

di GIORGIO LONARDI

 

 source:

ricerca.repubblica.it

Il fallimento della Necchi

I San Bernardo boys
di Irene Campari

Da Lodi a Pavia. Ambrogio Marazzina e Giampiero Fiorani pregavano nella stessa parrochia di San Bernardo a Lodi. Sul giornalino parrochiale Marazzina si faceva pubblicità personale: “Ambrogio Marazzina, Casaletto Lodigiano, Fraz. Mairano, Via S. Angelo Lodigiano 15”. E nulla più. Sulla stessa pagina il parroco richiamava i fedeli a dispensare speranza. Era il 2002. Marazzina e le sue società erano nel pieno degli affari con la Banca popolare di Lodi presieduta da Gianpiero Fiorani. Ora si sa che invece di dispensare speranze Fiorani dispensava crediti milionari a società di comodo e di amici, apriva e chiudeva società immobiliari e speculative, e aveva già dispensato tristezza ai lavoratori della Necchi di Pavia. Ambrogio Marazzina è a capo della holding omonima. Da sempre in affari con la Banca popolare di Lodi e sodale di Fiorani, è stato nell’autunno scorso indagato per essere titolare della società Ligurcelle srl a capo di una speculazione immobiliare per la costruzione di box vicino al sottopassso ferroviario a Celle Ligure. Socio di fatto della Ligurcelle sarebbe stato lo stesso Fiorani. Quest’inchiesta è seguita a quelle maggiori relative alla scalata all’Antonveneta da parte della Banca di Lodi. Le vicende della Popolare di Lodi e di Fiorani incrociano dolorosamente anche la recente storia di Pavia. In particolare la vicenda del fallimento dell’ex Necchi e la bancarotta di Giampiero Beccaria.

Giampiero Fiorani, presidente di Bpl, è finito dentro per la scalata all’Antonveneta avvenuta nel 2005 con la benedizione dell’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. Gli inquirenti hanno scoperto a poco a poco che scalavano con cordate e concertazioni segrete e illegali, non dichiarate, come invece dovrebbe essere per le acquisizioni superiori al 30% delle azioni di una società quotata. I devotissimi non volevano nemmeno lanciare un’offerta pubblica di acquisto, tanto erano sporchi i loro soldi e i loro metodi. La scalata all’Antoveneta (ora Abn Amro) era avvenuta tramite rastrellamenti di azioni da parte di società fiduciarie estere riconducibili anche a Stefano Ricucci (la Garlsson, per esempio) o a Ignazio Caltagirone (la Maryland Group) fratello di Francesco. Fiorani usa tutto e tutti coloro i quali si lasciano usare per arricchirsi facilmente tramite passaggi di pacchetti di azioni che solo per il fatto di passare di mano aumentano di valore e generano plusvalenze. Coinvolti nella scalata erano immobiliaristi, banchieri e i disposti a tutto: Danilo Coppola (a cui Zunino venderà le proprie quote di Ipi) e l’8° uomo più ricco d’Italia, Emilio Gnutti, bresciano presidente della holding Hopa in cui siedevano sia Giovanni Consorte (Presidente Unipol) che Fiorani, sia la finanziaria della Unipol (Finsoe) che Ubaldo Livolsi uomo di fiducia di Silvio Berlusconi. Nella parallela scalata Unipol a Bnl, unita a doppia elica con la scalata Antonveneta, i personaggi sono gli stessi, e tutti dentro Hopa, la società di Gnutti. Ma altri sono rimasti nell’ombra, come Giuseppe Statuto (immobiliarista proprietario della Michele Amari holding), Vito Bonsignore (parlamentare Udc, imprenditore, ecc), Domenico Bonifaci (romano e proprietario de “Il Tempo”), Fabrizio Palenzona (già nel cda di Mediobanca e presidente della provincia di Alessandria per la Margherita, vicepresidente di Unicredito). Indagato c’è anche Luigi Zunino; e Giampiero Beccaria.

Nel 2003 la Necchi chiude definitivamente i battenti. Gli operai erano già in cassa integrazione. Cercavano di trovare un senso al loro destino di fronte ad una vicenda, quale la chiusura della fabbrica, che di senso apparentemente non ne aveva. Anche gli attuali amministratori, quando citano le aree dismesse parlano di “naturale declino dell’industria”, quasi che fosse ineluttabile la chiusura della Necchi. Era ineluttabile se si considera quali fossero i proprietari che l’hanno portata al fallimento. Giampiero Beccaria, nessuno lo ha mai considerato un’aquila come dirigente d’azienda. Ma probabilmente il suo ruolo non doveva essere tanto questo quanto quello di traghettare la Necchi spa e l’area Necchi verso altri tipi di profitti, quelli derivanti non dalla new economy, leggera e tecnologicamente avanzata, ma quella pesante e sempreverde del mattone. Con l'aggiunta delle merci come riempitivo molto lucroso. E’ stato, Beccaria, oltre che proprietario della Necchi anche sottosegretario all’Industria nel primo governo Belusconi.
Nel 2000 l’assetto societario della Necchi spa era costituito da Finabe srl (finanziaria della famiglia Beccaria), la Solofid (Società Lombardia fiduciaria) allora del Credito Agrario Bresciano poi del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese, o “Lombardona” (di Giovanni Bazoli), e ora è al 100% tra gli asset di UBI Banca, la stessa che ha inglobato la Bre; da Azimut Sgr, società di gestione del risparmio della Banca popolare di Lodi, Ras Sgr, i Biondelli e la Sedafin con il 4%. Durante le indagini per Antonveneta, si scopre che Fiorani, tramite Beccaria, si era fatto versare nel '97 una tangente di 1,5 miliardi di lire, di cui si è scoperta la destinazione e il deposito. Ma altri 3,2 miliardi erano nel 2005 ancora su di un conto estero. La Banca di Lodi aveva finanziato la Necchi spa con 250 miliardi di lire. Beccaria è risultato anche colui che ha coperto un passaggio di azioni a Fiorani tramite una società svizzera. Nel 2005 la popolare di Lodi presenta un documento di Opa volontaria sulla Necchi Spa, con obbligazioni emesse nell’ambito del “prestito obbligazionario Necchi 1999-2005”. Le obbligazioni offerte da Bpl per la società Necchi spa sono acquiste dalla Rocco Bormioli di Parma di cui è azionista Efibanca, la banca d’affari del gruppo di Fiorani. Fino alla primavera 2007, Efibanca aveva quote di Igli, la finanziaria che controlla Impregilo; le quote sono state poi comprate dal Gruppo Ligresti. Nel cda di Efibanca c’era Giuseppe Garofano, proprietario di Alerion e di Reno de' Medici, società immobiliare a cui fa capo parte degli ex Magazzini Cariplo di Pavia (ora Bsl) e del "Logistic park" di Castel San Giovanni. Garofano è uomo di Luigi Zunino e vicinissimo all'Opus dei. Nel 2005 tra i membri del comitato di gestione di Efibanca c’era Roberto Colaninno. Efibanca partecipa anche in Ili, società di lavori autostradali, di cui presidente è Giovanni Berneschi, presidente anche della Banca Carige Spa-Cassa di Risparmio di Genova e Imperia. Molte delle società riconducibili alla Bpl sono ancora, dopo l'uscita di Fiorani, nei bilanci della banca. Come il fondo Momentun che tra il 2001-2002 insieme al Gruppo Gavio (concessionario di quasi tutte le autostrade del nord-ovest e Tirreno) era stato protagonista di giri imprendibili di partecipazioni intorno alla Salt, società Gavio di gestione dell’autostrada ligure-toscana. In molti si stanno ancora chiedendo perchè nessuno abbia voluto allora salvare la Necchi.

Quando si insedia nel 2005 il nuovo cda di Bpl, tra i fondi della banca c’è anche Matwik, che vale circa 100 milioni di euro, di cui nessuno riesce a stabilirne la provenienza. Sul Corriere della Sera, Mario Gerevini parla di “roba” strana, titoli difficilmente piazzabili e dalla provenienza oscura. Se lo devono essere chiesti anche i 16 componenti del rinnovato consiglio di amministrazione della Banca popolare di Lodi, dove siede Roberto Schmid, ex rettore dell’Università di Pavia, direttore dello Iuss e presidente del Comitato scientifico dell’Expo2015 di Milano. O qualche domanda magari se la sarà posta anche Massimo Mustarelli, tesoriere della ex Margherita pavese, che siede tra i sindaci revisori di Bpl e in altri 69 consigli di amministrazione.

Dalle indagini di Clementina Forleo risulta un numero esorbitante di immobiliari che fanno capo a Fiorani, tra queste c’è la Frontemare e la Marinai d´Italia. La prima ha sede ad Alassio nello studio del commercialista Gabriele Aicardi, coordinatore di Forza Italia, e tra i suoi progetti ci sono palazzi e box da costruire in una grande area di terreni acquistati a Ceriale e resi edificabili dal nuovo piano urbanistico. Ne sono titolari Maria Gloria Quartieri, Ambrogio Marazzina, la Nazionale Fiduciaria (di Hopa di Gnutti), e poi Marino Ferrari (indagato) intestatario di beni che per gli investigatori sarebbero riconducibili a Fiorani. La Immobiliare Marinai d´Italia, invece, controllata attraverso una società offshore, possiede a sua volta la Perca srl, che ha avviato progetti immobiliari anche alle porte di Lodi. Nei suoi interrogatori Fiorani ha parlato anche del Gruppo Marazzina, suo socio per le operazioni immobiliari in Liguria, coinvolto a Imperia nella riconversione edilizia dell’ex Italcementi. Si tratta delle società Arcene Immobili, Arcene Infra, Frontemare, Pmg (proprietaria anche della Cetem di Lodi, fatta fallire sette anni fa per fare speculazioni immobiliari, e dell’Aura di Nervi), Sial srl (proprietaria dell’area di San Martino in Strada destinata al futuro scalo merci ferroviario). Sono tutte società queste, salvo l’ultima, gestite dal gruppo Marazzina, che di società ne conta circa 30. La Pmg, partecipata da Marazzina e da Unione Fiduciaria (Bpi), è stata indagata da Clementina Forleo. Si sospetta che sia al centro di speculazioni immobiliari con al centro aree dismesse da riconvertire a centri commerciali e residenze e di facile acquisizione. Ricorda vagamente l’area ex Necchi. Nel 2004 la Pmg dichiarava un capitale di 700.000 euro avendo ottenuto prestiti dalla Bpl per 14 milioni senza richiesta di garanzie. Tutto ciò lo scriveva “Il sole 24ore” nel febbraio 2006. Chi glielo racconta a coloro che chiedono un mutuo per comprarsi un bilocale e ai quali viene chiesta in pegno la vita intera?

Di Ambrogio Marazzina è metà dell’area dismessa ex Necchi. Curioso che il Gruppo Marazzina sia proprietario dei suoli ex Necchi dati i suoi stretti legami con Giampiero Fiorani e la Banca di Lodi con la quale era in affari Giampiero Beccaria. Per l’area ex Necchi c’è un piano della proprietà Marazzina che prevede edilizia residenziale e un centro commerciale. (Il Piano della proprietà dell’area ex Necchi è del 2005, lo stesso anno nel quale la Bpl, in gennaio, lanciava l’opa sul prestito obbligazionario della Necchi spa). E’ stato presentato all’amministrazione Albergati e l’allora assessore all’urbanistica Cesare Bozano non lo ha accettato. I Ds, il partito di Bozano, dopo le elezioni del 2005 non lo hanno più voluto in Giunta, lasciandolo per un po' isolato a Vigevano. Il Piano regolatore generale votato nel 2003 prevede all'ex Necchi insediamenti industriali. Sarebbe quindi necessaria una variante colossale al Prg per soddisfare i Marazzina. Meglio attendere il nuovo Piano di governo del territorio? Ci stanno infatti riprovando con un'amministrazione che non lesina varianti e licenze edilizie, e quando il Gruppo Marazzina è già ben strutturato in città. Ha infatti insediato al Bivio Vela nel settembre 2006 il quartier generale per la logistica integrata (LdL, Logistica distribuzione Lombardia). 33000+56000 mq di capannoni nuovi di zecca, da dove si gestiscono le attività di tutti gli altri magazzini. Viene definito dal Gruppo: ”Il nuovo modello di riferimento per i futuri poli logistici”. L’amministrazione non ha mai indicato il Bivio Vela come “polo logistico”, ma luogo di insediamento di attività produttive. Possedendo i Marazzina (fratelli Ambrogio e Giampaolo) già il terreno alla ex Necchi, verrebbe da chiedersi perchè procurarsene altro al Bivio Vela. E perchè proprio a Pavia e non a Lodi. E' però in parte comprensibile: il Bivio Vela è diventato appetibile, come la rendita fondiaria destinata ad aumentare in ragione della costruzione dell’autostrada Broni-Mortara, voluta, lo ricordiamo, da Infrastrutture Lombarde (Regione Lombardia) e dal Gruppo Gavio. Il centro commerciale programmato all’ex Necchi diventa così il corollario complementare del sistema logistiche-autostrade-grande distribuzione organizzata sul quale hanno strutturato lo "sviluppo" di Pavia. Anche il Gruppo Marazzina si era già attrezzato di conseguenza. In vista anche dell'Expo2015.

Al numero civico 15 di Via sant’Angelo Lodigiano di Casaletto Lodigiano ove ha sede una parte delle holding del Gruppo Marazzina, si trova anche la Bo.re.bo Inv. Immobiliare srl. Socia della Pmg, la Bo.re.bo aveva tempo fa sede in via San Francesco 10 a Lodi dove aveva anche ufficio Aldino Quartieri commercialista di fiducia di Giampiero Fiorani e anch’egli pluriindagato. Poi la Bo.re.bo, di Giampaolo Bruschieri, responsabile per la Logistica del Gruppo Marazzina, ha traslocato direttamente a casa di Ambrogio Marazzina, all’indirizzo benedetto da San Bernardo.

Irene Campari

 

source:

paviacalcio.forumfree.it

NECCHI  Family Lombard entrepreneurs, whose business was developed by Ambrogio, born in Pavia on January 2, 1860 by Joseph and Teresa Besozzi.

The father, since the first half of the nineteenth century, had started artisan and commercial activities for the production and sale of needles, branches and the like. 

In 1865 the company was established at the home of the family, located in the so-called holy bodies of Pavia, near the Castello Sforzesco. After a slow development, at the beginning of the eighties it was possible to a first extension of commercial activities and of the building, to which, in the course of decades, there was added a mechanical workshop with an adjoining foundry for iron castings. In 1892 the plant employed 85 workers and was renowned for the production of iron bridges, sheds, machines and agricultural tools, which were then market in the agricultural district of Pavia. Three years later there was a further enlargement: Necchi bought a building, opposite to that in which it was held until then the task, and in 1896 put in place an extension of the first factory, to build a new foundry.

Ambrose, who at that time was beginning to support his father, he designed a few years further increases in the scale of activities and, to this end, he began with the search area on which to build a new plant.

After negotiations with the Municipality of Pavia, through which he also obtained a reduction of duty on coke, he chose to build the new building along the road leading to Abbiategrasso. In 1904, on the far western edge of town, near the train station was built in an industrial complex that in a few years would gradually engulfed the buildings of other two local companies: the Gaslini-Rizzo and rice mill Traverso-Noah.

The new plant, called the "fitting" because of its direct connection with the railway network, was equipped with two melting furnaces that fed the production of radiators for heaters; three years later, in late 1907 and early 1908, Ambrose - now firmly at the family guide - bought a new plot of land by the municipality, willing to give up areas of public property for industrial purposes. So it was that at the beginning of 1908 that had become joint-stock company foundries Ambrogio Necchi could expand its manufacturing activity expanding and adapting the existing plant and the former Foundry Torti ing. G. Callegari the production of bathtubs and enameled cookers bathroom.

In the same period, which proves the importance of the family in the Pavia company closed the plant started in mid-nineteenth century, was built in its place a villa in Art Nouveau style, which became from that moment the family residence. The closure of the old factory did not mean a reduction of activities. As evidenced by the few data on the number of employees in all establishments Necchi, if the late nineteenth century the attendants were just under 300 at the beginning of the second decade of the twentieth century exceeded a thousand. Between 1908 and 1911 in the two new establishments, albeit with slight seasonal variations, a number of workers worked between 900 and 1150.

For the purposes of the subsequent corporate development were dirimenti two choices made by Ambrogio: the decision to diversify its activities, which enabled the company to deal with tiered competition from other foundries operating in the domestic market, and for the production option malleable, realized in the first establishment open to the outside of the holy bodies, a product that for many years would have constituted the Necchi foundry strength.

It was a particular type of cast iron, it characterized in that the alloy of iron and carbon from which it is costituta, decomposing following the solidification, becomes particularly elastic and ductile, and therefore particularly suitable for use in numerous mechanical productions, which does not by accident soon became customers of the company bunting.

That the strategy adopted by Ambrose - which on 1 December 1912 was awarded the Knight of Labor award - winning it was confirmed a few years before the outbreak of the Great War, the last expansion. At the beginning of the decade of the Municipality of Pavia it had in fact dealt with the military authorities the acquisition of the parade ground, a large area located on the northern outskirts of the city to direct it for industrial purposes. After purchasing the area the municipality itself had opened a second round of negotiations to transfer the parcels of land to companies that had requested and among them an important role was certainly the Necchi foundry, in 1913 - at the end of the negotiations - he managed to secure more than a third of the 120,000 m 2 that made up the area. In the summer of 1915 the company entered it in their possession and started the construction of a new plant, completed two years later and went into production during 1919.

The war did mark a setback business expansion, due to difficulties arising from the conflict itself and the ensuing economic depression that swept across the province of Pavia, but also for the events that affected the family. In one of the most difficult periods, as part of the production it was converted to support the war effort, in accordance with the provisions of R. Decree 26 June 1915 n. 993 - that granted to the government, through the institution of industrial mobilization, may impose directives to private industry for waste facilities and productions and sottoporne to military jurisdiction staff - Ambrogio morì suddenly in Pavia April 19, 1916, in only 56 years, leaving the company in the hands of his wife Emilia Carcano and Vittorio children, Louise and Nedda.

This set the stage for a decisive reorganization of productive activities, of which he was the protagonist's son Vittorio, born in Pavia on 21 November 1898. After attending the local high school, he enrolled in law school but the untimely death of his father and call to not enabled him to complete his studies weapons (however he received a degree honoris causa in physics from the University of Pavia in 1955). As long as he remained assigned to the ninth regiment of artillery stationed in Pavia, ran firsthand the family business, then when the regiment was called to the front of the entrusted to one of his trusted men. After his discharge he decided to groped a new production, taking advantage of the wide availability of iron coming from the foundries, and devote themselves to sewing machines household use. In 1919, then he founded Industrie Riunite Italian with 50 employees, who in 1920 came to produce about 2000 sewing machines a year in a new factory specifically dedicated to this production.

After a few years of precarious business, in a market dominated by the American Singer Competition and German manufacturers, the company moved toward stability, thanks to the network of points of sale created by Vittorio in those years. In 1925 - after having succumbed to Nedda and sisters Louise and her husband of the latter, Angelo Campiglio, who became president, foundries common cast iron and enamelling, which went on to form the Fonderie A. and A. Necchi Campiglio - He moved the malleable productions and sewing machines to new premises in Piazza d'Armi. In the same year Industrie Riunite Italian were transformed into limited company Vittorio Necchi, which Vittorio assumed the presidency.

The production, which stood on the 6120 machines a year, continued to grow, thanks to the new technical director Emilio Cerri - an engineer from the Fiat reorganized on the basis of modern functional criteria the productive sector - and in 1930 the number of manufactured cars went up to 19,669, more than 2,000 of which are exported. In 1930 he joined the company, as CEO, Gino Gastaldi, who had married a sister Lina Ferrari, a few years become the first wife of Necchi.

Gastaldi had to face the difficult business climate caused by high operating costs due to a policy based solely on direct sales outlets; therefore he decided to reorganize the entire network based on provincial and local concessions. The second half of the thirties, despite the restructuring of the sales network and reports all in all good that Victor established with the fascist regime - evidenced by the transfer of the job title of Knight October 27, 1935 and, above all, by frequent political personalities visits the family hunting lodge in Gambolò, the so-called "Portalupa," and at the premises of the company (in 1938 Mussolini himself arrived in Pavia with his wife Rachel) - nevertheless marked a halt in the expansion of the company . The effects of the difficult international economic situation translated into a contraction in production, also determined by increased foreign competition, particularly Singer who had opened its own factory in 1934 in Monza.

After September 8, 1943 the company's leadership in the face of objective market difficulties and to avoid requisitions, began to hide - in Pavia and its surroundings - a growing number of sewing machines (over 20,000), which formed after the war a precious economic resource. At that time, on the other hand, the Necchi now boasted a leading position on the domestic market was the highest number of employees, about 1200, and quantity of parts produced. About 40% of the 120,000 sewing machines manufactured in Italy in 1947 came from its plants.

The company, with its four divisions - the foundry, industrial sewing machines, sewing machines and household Cabinetmaking (which produced the furniture upon which the machines were mounted) - is already characterized by a discrete degree of integration of the productions. In key sectors, the foundry and machinery family, had also reached a good standard. The foundry had established itself on the national market for the production of malleable iron; in the sewing machine industry technical director Cerri family had achieved good levels of standardization and organizing the production according to the needs of the product techniques. He also designed and patented in the thirties a sewing machine family, taking advantage of a transmission system used previously only on industrial machines, allowed to sew with a needle that moved in a zig-zag pattern, useful for attaching buttons, making buttonholes, darning and embroidery; the product was the basis of the international success of the Necchi during the fifties.

corporate affirmation also concurred Leon Jolson, the son of a Necchi agent Warsaw of Jewish descent who, to escape Nazi persecution, at the end of the thirties he had taken refuge in the United States. At the end of the conflict Jolson filming the activities of representation in New York, contributing its extensive network of agents to the spread of Necchi machines in the US market. The production in the course of 1948 surpassed 75,000 sewing machines; of these, thanks in part to the difficulties of German companies in recovering pre-war levels of production, approximately 67,24% took into export: to Argentina (35.50%), the United States (13.33% ), Belgium (5.67%), Brazil (3.62%), Uruguay (2.92%), Denmark (1.16%) and a dozen other countries with lower percentages to ' unit.

In 1948, following the death of Cerri, he was hired Gino Martinoli, who for more than a decade he served as Technical Director at Olivetti in Ivrea, only to be taken in the mechanical sector IRI. The first decision of the new manager, according to the property and the Directorate-General, was to increase the workforce: the arrival of about 800 new units, easily found in Pavia district, brought the Necchi in the spring of 1949 to occupy 2,034 employees between manufacturing and services. Subsequently, since the entry of new staff unprepared and had resulted in a drop in productivity, it was initiated the reorganization of the entire manufacturing process.

Abandoned gradually the multi-storey building in which the productions were placed, we moved to a new establishment section, the shed F, in which it proceeded to reorganize the production flow: from the entrance of raw materials and semi-finished materials to final assembly, for which was adopted for the first time the assembly line. The reorganization involved the purchase of new machinery (thanks to a huge financing plan and the economic aid received under the Marshall Plan), the rethinking of the corporate structure and its functional coordination, the new sewing machine design procedures. The collaboration with Marcello Nizzoli, known by Martinoli in Ivrea few years before, allowed the Necchi to win the Compasso d'Oro design award in 1954 with the series BU - Universal coil Supernova and then in 1957 with Mirella series.

In the mid-fifties, at the end of the reorganization process, compared to an increase of labor (about 4500 units), the number of hours used to produce a sewing machine was reduced by over a third, ensuring the Necchi dominance on the domestic market, of which it held approximately 90% along with the company Singer and Vigorelli, and that of exports, where the share was equal to 74% of total exports.

These were the years of maximum splendor of Pavia home but, at the end of the decade, began some signs of decline: the statistics showed it clearly enough the imminent saturation of the Italian market, while on international ones growing competition from new foreign producers, early including all Japanese. Vittorio firmly opposed to each production diversification, at least until this is not rendered indispensable. In 1959 it signed an agreement with Kelvinator to produce license on compressors for refrigerators. It was a compromise solution which allowed the company to open another market, for which possessed the necessary technical skills, without sacrificing the production of sewing machines. It was created a compressor department and intensified the process of mechanization, with increasing levels of automation, which guaranteed the compressor Necchi a good reputation among manufacturers of refrigerators.

But it was the company's long-term strategy to present the most problems: the compressor was in fact the most technologically advanced of the refrigerator, the component which determined the bulk of production costs; opt for a machining by 'contractors' meant giving the edge that only the production of the entire refrigerator would have guaranteed. This selection, together with the narrowing of the sewing machine market and the decision to establish some 'connected', thus reintroducing direct sales, increased debt levels of the company, that the same Vittorio tried to mitigate, bringing into play their own personal assets.

In 1974, after the death of Giuseppe Manidi (the CEO who had replaced Gastaldi in the mid-sixties), in an attempt to revive the fortunes of the company he was contacted Giuseppe Luraghi, manager of many years of experience in the private and public engineering sector.

Vittorio Necchi died in Milan on 17 November 1975 after a long illness.

With him, he had not children, ended the industrial dynasty. The lack of interest in the fortunes of the company shown by the sisters was in fact soon after the origin of the sale thereof.

 

 sources:

www.treccani.it